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News - 13 Marzo 2008
Claudia Endrigo intervistata da L'Avvenire

FU EMARGINATO, ORA RISCATTERò PAPà ENDRIGO
La sfida della figlia Claudia:«Uno alla volta sto facendo ripubblicare in cd tutti i suoi album, pure 32 testi inediti» Uno, cantato da Syria, è stato escluso dall’ultimo Sanremo

Quarant’anni orsono a Sanre­mo vinceva la storica Canzone Per Te di Sergio Endrigo. E forse il flop del Festival da poco terminato avrebbe potuto es­sere attenuato proprio dalla presenza in gara di un inedito dell’artista. Un brano intitolato Momenti, i cui versi recitano: «In questo giorno che non sa di niente / anche la pioggia sembra finta come al cinema / Troppo rumore / viene voglia di lasciar­si andare / non comprare più il gior­nale / È questa nuova indifferenza / che le stelle porta via». Però Momenti,   interpretata (ed incisa) da Syria, che ha conosciuto Endrigo, è stata scartata da Baudo. Forse troppa poesia, forse troppa attualità detta con classe. In una canzone che – in fondo – doveva solo far tappezzeria ad un prodotto di plastica pensato per una brutta tv. Chissà. Certo che Ser­gio Endrigo in cambio della sua arte l’ha ricevuta troppo spesso, l’offesa del silenzio. Persino al primo Sanremo dopo la sua scomparsa, ricorda la figlia Claudia, «fu Mollica a chiedere a Panariello un ricordo, i nove autori l’avevano scordato. Il suo cruccio maggiore è rimasto non aver mai avuto un premio alla carriera». Eppure ascoltare Endrigo significa entrare nel mondo di un poeta che parla di noi e della vita senza mai mettere in secondo piano voce e melodia. Come accade nel magnifico album del ’71 Nuove Canzoni D ’amore, edito ora in cd dalla Warner con tre bonus tracks: un viaggio intenso e commovente fra pagine note e meno note di un repertorio di cui, sottolinea la figlia, «si conosce troppo poco». E proprio per ovviare a tale lacuna, Claudia Endrigo ha lasciato il lavoro: per lottare. Contro chi ha nascosto l’arte di suo padre nei cassetti, per i giovani che non l’hanno mai potuto ascoltare, seguendo il richiamo di un amore filiale trasformato in ragione di vita.
Signora Endrigo, perché partire da questo disco?
«È la prima ristampa che seguo io così da vicino, ma la Warner ne ha fatte altre, sempre con ottimi esiti. Mio padre amava questo disco, in cui già cercava nuovi modi di parlar d’amore. E scrissero che faceva rabbia, un artista capace di cantare in modo tanto inedito un tema così abusato, ma quanto importante».
Nel disco ci sono anche le origini, la politica, poeti messi in musica… Tutto Endrigo, insomma.
 «Vinicius de Moraes diceva: 'Amo Sergio perché canta'. Lui era la gioia di fare musica, l’emozione prima di tutto. Poi, nella musica, anche gli ideali, certo. La politica? Un’etichetta: era libero. Indubbiamente la sinistra gli era più vicina, ma ciò non l’ha mai aiutato a lavorare. Era amareggiato per dischi mai promossi, perché nessuno sa che Io che amo solo te è nota in tutto il mondo. Lo teneva su la certezza di non aver mai accettato compromessi, ma l’ha pagato anche per l’ultimo lavoro Altre Emozioni, cui non hanno dato visibilità alcuna. Voleva parlare alla gente, e non gli permettevano di riuscirci».
Chi gli è rimasto vicino negli ultimi anni?
«Solo Lauzi. Anche perché papà non era certo uno che chiedeva. Però che gioia, la serata organizzata in suo onore a Roma. La stima per lui scoperta in giovani come Cammariere o Morgan, l’affetto di un Paoli, l’entusiasmo di Morandi e dello stesso Lauzi».
Stava scrivendo un libro: l’ha com­pletato?
«No, purtroppo. Ed è un peccato per­ché voleva essere la sua autobiografia romanzata: non ebbe una vita facile, anche se non lo ha mai fatto pesare. In compenso ha lasciato 32 testi inediti, su uno stiamo già lavorando. Ma prima i dischi dimenticati ».
Su cui pensa di agire in che modo?
«Andando all’attacco con tutti i suoi discografici che, Warner esclusa, l’hanno dimenticato. Ma non vorrei ne saccheggiassero l’arte in antolo­gie casuali. Voglio invece far conoscere le canzoni ironiche degli esordi, un’Ave Maria di Schubert incisa nel 1963 e mai edita, un intero disco in inglese del ’70, su testi di poesie di Ferlinghetti od Elliott, che finì in un cassetto. Ed ovviamente tutti i lavori più recenti. Compreso l’ultimo».
Dove canta anche lei. Che ricordo ha di suo padre?
«È stato l’amore della mia vita, dopo l’ischemia il nostro rapporto di opposti si rafforzò. Che tenero, il suo orgoglio per quei duetti… Ed anche se io non sono una professionista, sono proprio loro il ricordo più bello che ho del mio papà. Però vorrei rivalutarlo in quanto artista. Artista completo: con un catalogo di cui si conosce, sì e no, un quinto».
[Andrea Pedrinelli]

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